Ultimamente si sente spesso utilizzare la frase “devono esserci delle prove scientifiche” per testare la veridicità di una disciplina o massaggio come nel caso della riflessologia plantare.
Andiamo indietro nella storia e scopriamo che la riflessologia plantare ha una storia molto antica. I primi trattamenti risalgono fatti in Cina ed in India nel 5000 a.C. Qui si usavano terapie mediche utilizzanti la pressione delle dita per influenzare i campi energetici dell’organismo. Questo dava la possibilità al corpo di auto-guarirsi dalle varie possibili disarmonie chiamate in occidente “malattie”.
A testimoniare l’antichità di questa pratica è la “Tomba dei Medici” a Saqqara (Egitto 2330 a.C. circa), dove sulle pareti è dipinta una scena di massaggio dei piedi e delle mani.
La pratica, portata in occidente grazie al famoso medico greco Ippocrate, insegnò ai suoi discepoli il massaggio ai piedi. Sembra che da documenti rinvenuti in era rinascimentale l’artista Benvenuto Cellini si curasse lo stress e alcune sofferenze fisiche attraverso la riflessologia plantare. Ma la storia continua e vediamo diversi personaggi occuparsi di questa disciplina nei secoli come il ricercatore svedese Pehr Henrik Ling nel 1834 che notò il collegamento fra i dolori provenienti da alcuni organi e determinate zone cutanee del piede.
Le prove scientifiche del beneficio della riflessologia plantare all’inizio del XX secolo
In seguito Sir Henry Head scoprì l’esistenza di zone riflesse a scopi anestetici. Questa scoperta è stata ripresa e reinventata, negli anni venti del XX secolo, da William Fitzgerald, un medico di Boston. Di fatto, testimoniò la disciplina attraverso i suoi pazienti, scoprì che esercitando delle pressioni sui piedi, per dei piccoli interventi, non sarebbe stata necessaria l’anestesia.
La pratica è quindi usata dai dentisti e quando un medico newyorkese Edwin E. Bowers, conosce la tecnica di Fitzgerald, decide di diffondere la riflessologia negli Stati Uniti. Il materiale recuperato dall’esperienza del medico di Boston testimoniava i principi del funzionamento della riflessologia plantare con delle prove scientifiche riguardo alla validità della disciplina.
Il metodo chiamato “terapia zonale”, si incentrava sulla pressione effettuata sia con le mani sia con altri strumenti sulla pianta dei piedi. Si otteneva una mappa dei punti che riflettevano il corpo suddiviso in dieci zone, dagli alluci sino alla testa, lungo le quali scorre l’energia.
Scopriamo poi che negli anni trenta fu la terapeuta Eunice Ingham che pubblicò due libri: “Le storie che i piedi potrebbero raccontare e Storie raccontate dai piedi”.
La cosa si fa interessante quando in Italia due pionieri della ricerca riflessologica contemporanea, Prof. Giuseppe Calligaris (neurologo e docente presso l’Università di Roma dal 1910 al 1939) ed il Dott. Nicola Gentile realizzarono nei primi decenni del 900, vari studi pubblicando materiali che per l’epoca erano piuttosto innovativi. L’ostracismo di una parte del mondo accademico e medico italiano li frenò lungamente impedendo così di fare ulteriori ricerche sulle prove scientifiche sulla riflessologia plantare.
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